Il Testamento completo di Giovanni Santarelli: una Forlì di misericordia e giustizia sociale
Il Testamento completo di Giovanni Santarelli: una Forlì di misericordia e giustizia sociale
Un testamento come specchio di un’epoca: l’ultima volontà di Giovanni Santarelli
Nel marzo del 1863, nel pieno del giovane Regno d’Italia, Giovanni Santarelli – figura di spicco e certamente benestante della società forlivese – affida alla scrittura testamentaria non solo la distribuzione dei suoi beni, ma anche una visione profonda di carità, famiglia, ordine morale e legame con la comunità. Il suo testamento, redatto con linguaggio solenne e toccante, ci restituisce non solo le sue ultime volontà ma anche uno spaccato vivo dell’epoca: dalle donazioni agli ospedali e ai poveri, alle disposizioni per un ricovero femminile, fino ai dettagli più concreti del mobilio o del corredo destinato alla servitù.
Le pagine che seguono ci invitano a riflettere sulla cultura del lascito, sul rapporto tra religione e assistenza sociale, e sul modo in cui, nel XIX secolo, un uomo potesse lasciare un’impronta duratura nel tessuto urbano e umano della propria città.
Molte domande restano aperte: chi era davvero Santarelli? Che ruolo aveva nella Forlì dell’epoca? E che ne fu di quel “ricovero delle pericolanti” da lui tanto voluto?
Se siete curiosi, potete continuare a navigare gli articoli presenti sul nostro sito; intanto, per il momento, condividiamo con voi il testo che ha accompagnato il “Palazzo di Via Dandolo” nel suo percorso fino ai giorni nostri.
L’atto notarile da cui il testamento è stato estrapolato
Il testamento
In nome di Dio Amen
Governo e Regno d’Italia
Forlì 15 marzo 1863
Raccomando la persona anima mia al sommo Iddio Padre figlio e Spirito Santo, e prego la mia cara Madre Maria Santissima particolare mia padrona, ed evocati tutti i santi gli angeli miei custodi e tutta la corte celeste affinché mi intercedino dal Sommo ed infinito bene d’aver misericordia de’ molti e gravi miei peccati.
Lascio all’Ospedale di Forlì tremila scudi con obbligo a detto ospedale di adoperarsi perchè gli infermi cronici siano tenuti puliti ben governati serviti e con tutta la possibile umanità trattati dagli infermieri, ed astante, e mancando a ciò il mio erede possa ripetere la restituzione dei 3000 scudi, i quali 3000 scudi essendo di proprietà di mio figlio, desidero, che il ritorto del medesimo presso di me venga collocato nella sala di detti canonichi per conservarne la memoria.
Lascio al diletissimo fratello mio Dottor Romano,
Finchè viva, annui scudi 100 oltre a quelli, che per donazione, annualmente deve da me, e gli siano detti denari spediti nel luogo di sua dimora ogni sei mesi anticipatamente per la metà, liberi da qualunque spesa, e di registro.
Lascio al signor Domenico Quaternali scudi 100 per una sol volta 4 mesi dopo la mia morte.
Lascio al signor Federico Quaternali scudi 100 per una sol volta 6 mesi dopo la mia morte; come pure, ad anche al medesimo Federico lascio il letto dove dormiva con paglina materasso guanciale cuscini, imbottita, cuscinone, i due comodini coperti di marmo, così due comò compagni, ed ai comò niuno vi possa guardare dentro ed aprirli, così pure al suddetto Federico Queternali lascio la mia ripetizione con catena d’oro.
Al figlio del dottor Quaternali dottor Oreste lascio tutti i miei libri con scaffale l’archibugio con canna a damasco, l’orologio d’oro, il fermaglio, con piccola pietra dura a rubino ed il mio feraiuolo con laccavo grande.
Lascio alla Mariarosa mia serviente (sempre che si trovi al mio servigio sin che vivo) dieci baiocchi al giorno finché viva e dodici scudi annui per fitto di casa, sei lenzuoli di due teli d’accia, il pagliano materasso guanciale cuscino cuscinone sottocoperta a spina valenziana di lana imbottita, altra coperta che tiene sopra al letto tinta, a e così 6 fazzoletti da naso a suo piacimento, 6 federe pei cuscini, 6 mantidi dei piumini 10 tovaglioli così e servano tutti i giorni 6 sciutamani di cugina di suo piacimento, tutti piccoli piatti centinati, una piccola casseruola, così una pentola, ed un paiolo tutto di rame a ferro fuso, tutte le posate di ferro e ottone, tutte le galline, la farina rimasta, cento fasci d’olmo per metà e gli altri 50 sermenti, 4 camice di panno a suo piacimento e tutta la rimasta di mussolo.
Se hanno debiti i miei coloni voglio li siano abbuonati, a quelli che non ne abbiano siano esentati dal taglione di un anno.
Al Censo di L180 a mio favore, a carico del signor Conte Ercole Gaddi di Forlì lo lascio al nostro suffragio con obbligo di celebrare in
Sua chiesa trenta 30 messe annualmente il giorno della commemorazione dei morti primo Novembre di tutti gli anni a baiocchi trenta per una, essendo il frutto di detto capitale di L. 9 come da versamento annonario ed in caso detto suffragio fosse impedito a ciò seguire voglio, che tale legato passi alla mia parrocchia di San Mercuriale.
Erede universale di tutti i miei beni rimasti, stabili, crediti, mobili, azioni, ragioni, lascio dispongo e voglio siano le fanciulle del così da Ricovero delle Pericolanti (eretto da Monsignor Falcinelli Vescovo di Forlì) e se alla mia morte, più non esistesse detto ricovero, voglio, ordino, e dispongo sia aperto subito altro simile ricovero sul piazzale di Santa Chiara nella mia Casa ivi, con la direzione della Signora Geltrude Mambelli di Forlì, ed assistita da miei esecutori testamentari; e riceveranno tante fanciulle quanti i frutti comporteranno della rimasta mia eredità.
Prego Monsignor Vescovo, Pro tempore di Forlì di volersi compiacere di prendere una per detto ricovero, e come capo a mio
Principale rappresentante dal vigilare alla questa amministrazione, non volendo, o non potendo ciò fare, voglio, che la mia eredità sia per sempre amministrata dai miei esecutori testamentari, che nomino per primo il signor Conte Francesco Canonico Gnocchi, signor Giuseppe Mambelli, Signor Antonio Rambelli, e dottor Federico Quaternali, tutti di Forlì, ed uno della famiglia di signor Quarantoli mio parente, voglio, e dispongo, che sempre rimanga fino gli esecutori del mio testamento: mancando il detto signor Canonico Gnocchi, voglio sia nominato altro canonico in vece sua, e così per sempre, altro canonico della nostra Cattedrale rimpiazzi il mancante, la nomina di quelli che mancheranno spetti ai rimasti.
Al ricondotto signor Canonico Gnocchi lascio la mia tabacchiera d’argento, la storia del Concilio di Trento del Pallavicino, le veglie e confessioni di San Agostino al signor Giuseppe Mambelli una posata d’argento, e così al signor Rambelli.
Quello che abbisogna di mia mobiglia
al ricovero si dia, il rimanente, subito si venda, dal ricavato si formi un conto, ben assicurato da libare a copiosa Ipoteca per due doti da dar ogni anno a quelle due fanciulle che saranno più attente al lavoro e siano docili sommesse e prima di maritarsi siano confessate e presa la Santissima Comunione, passate in marito le siano date scudi 10 ad ognuna e se il ricavato della mobiglia non bastasse si supplisca con altro.
Il giorno dopo la mia morte voglio siano distribuiti 50 L ai poveri più miserabili della mia parrocchia di San Mercuriale, a che anderanno i miei esecutori testamentari a parroco.
Non voglio Ufficio generale, ma siano celebrate cento 100 messe secondo la mia intenzione metà nella santa mia parrocchia, e le altre 50 nel nostro Suffragio il giorno dopo la mia morte: non potendosi finire nel primo giorno debito nell’altra con la elemosina di baiocchi 30 per uno.
L’accompagnamento alla chiesa cantino e voglio sia di sei 6 Preti, e che tutti i
Campi religiosi ad altri se va via sono mendicanti. Annullo tutti gli altri testamenti fatti perchè l’ultima mia volontà è qui scritta tutta di mio pugno, per renderla valida mi sottoscrivo.
Signor Giovanni Santarelli detto
Giovan Battista Cavonazza Pretore
Federico Quartaroli
Livio Micheletti Testo Cognitore
Donati Antonio
Giuseppe Muratori Teste
Alessandro Benini Teste
Al Dottor Casanova
Traduzione in italiano moderno del testamento di Giovanni Santarelli (Estratto)
“Lascio come eredi universali di tutti i miei beni – immobili, crediti, mobili, azioni, diritti – le ragazze del Ricovero delle Pericolanti (fondato da Monsignor Falcinelli, Vescovo di Forlì). Se al momento della mia morte questo ricovero non esistesse più, desidero che venga immediatamente aperto un altro ricovero simile nel piazzale di Santa Chiara, presso la mia casa situata lì, sotto la direzione della signora Geltrude Mambelli di Forlì e con l’assistenza dei miei esecutori testamentari. Dovranno essere accolte tante ragazze quante ne permetteranno i proventi della mia eredità.
Prego il Vescovo pro tempore di Forlì di voler nominare personalmente un responsabile per tale ricovero e di vigilare sulla sua amministrazione. Se ciò non sarà possibile, desidero che la mia eredità sia gestita per sempre dai miei esecutori testamentari, che nomino: il Conte Canonico Francesco Gnocchi, Giuseppe Mambelli, Antonio Rambelli, dottor Federico Quaternali, tutti di Forlì, e un membro della famiglia Quarantoli, mio parente.
Voglio che, in caso di mancanza, il Canonico Gnocchi sia sostituito da un altro canonico della nostra Cattedrale, e che ogni membro mancante del collegio degli esecutori venga rimpiazzato dai membri restanti.
Lascio al Canonico Gnocchi la mia tabacchiera d’argento, la “Storia del Concilio di Trento” di Pallavicino, e “Le veglie e confessioni di Sant’Agostino”. A Giuseppe Mambelli e ad Antonio Rambelli lascio ciascuno una posata d’argento.
Gli arredi necessari al ricovero siano destinati ad esso; il resto venga venduto, e il ricavato impiegato per creare un fondo ipotecario sicuro destinato ogni anno a fornire due doti a due ragazze meritevoli per diligenza, obbedienza e condotta. Prima di sposarsi, queste dovranno essersi confessate e aver fatto la comunione. Al momento del matrimonio riceveranno 10 scudi ciascuna; se il fondo non basterà, si integri con altro.
Il giorno dopo la mia morte, voglio siano distribuite 50 lire ai più poveri della mia parrocchia di San Mercuriale, a cura dei miei esecutori testamentari in accordo con il parroco.
Non desidero un funerale solenne, ma che siano celebrate 100 messe: 50 nella mia parrocchia di San Mercuriale, 50 nella chiesa del Suffragio. Se non fosse possibile celebrarle tutte il giorno dopo la mia morte, si facciano nei giorni seguenti, con un’offerta di 30 baiocchi per ciascuna messa.
Avvertenza
Il testo sopra citato è una trascrizione storica e presenta alcune imperfezioni dovute allo stato del documento originale: parole sovrapposte, cancellature, grafie incerte o formule ormai desuete possono rendere difficile una lettura lineare o una comprensione univoca. Alcuni termini potrebbero essere stati interpretati o ricostruiti per quanto possibile, ma non si esclude la presenza di errori o imprecisioni.
Come ogni fonte storica, questo documento va quindi letto con spirito critico e attenzione, nella consapevolezza che solo una ricerca più ampia e approfondita potrà restituire un quadro davvero completo e affidabile del contesto e dei protagonisti coinvolti.
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