Il Palazzo di Via Dandolo: La storia dell’edificio di Via Dandolo e del lascito Santarelli
Il Palazzo di Via Dandolo: La storia dell’edificio di Via Dandolo e del lascito Santarelli
L’edificio di Via Dandolo, sito nei pressi del piazzale di Santa Chiara e oggi sede del Consorzio Solidarietà Sociale, ha origini ben più antiche e “nobili” di quanto possa apparire al semplice sguardo. È infatti il frutto tangibile della volontà testamentaria di Giovanni Santarelli, cittadino forlivese di grande sensibilità sociale, che già nel 1866 destinava tutti i suoi beni alla protezione e all’educazione delle giovani in difficoltà.
Le ragazze “Pericolanti”
Nel suo testamento, Santarelli stabiliva che, qualora fosse venuto meno il “Ricovero delle Pericolanti” fondato da Monsignor Falcinelli, si sarebbe dovuto istituire un nuovo ricovero presso la sua casa nel piazzale di Santa Chiara, con lo scopo di accogliere fanciulle bisognose. Questa struttura non doveva essere un semplice dormitorio, ma un vero e proprio luogo educativo e morale, dove le ragazze, alcune delle quali premiate in base alla loro condotta e impegno, avrebbero potuto essere formate alla vita, sostenute fino al matrimonio con una piccola dote e accompagnate da figure di riferimento come Geltrude Mambelli e una cerchia di esecutori testamentari fidati.
In effetti, il palazzo di Via Dandolo divenne davvero sede dell’Istituto delle Pericolanti, fondato nel lontano 1854 dal già citato Monsignor Mariano Falcinelli Antoniacci, vescovo di Forlì, per ricoverare appunto le “povere fanciulle abbandonate e pericolanti”. Prima di raggiungere la zona antistante il piazzale di Santa Chiara, la struttura trovò la sua prima storica sede nella Casa della Carità (detta Ospedale dei Pellegrini di Via Carlo Pisacane 16), per poi passare all’Istituto del Buon Pastore (già Carceri giudiziarie nel locale dei Romiti) nel 1857, su indicazione di Pio IX. Nel 1862 venne quindi trasferito nella casa di proprietà della benemerita direttrice Geltrude Barbiani in via Mazzini 20. Qui stette dunque fino al 1919, anno in cui l’Istituto, secondo fonti dell’epoca, si spostò proprio nella residenza di Via Dandolo donata dal citato Santarelli. Il complesso (cui nel tempo si aggiunsero anche le eredità di Antonia Bendandi, Camilla Pascoli e Geltrude Barbiani) era diretto dalle Suore Ancelle del Sacro Cuore, della Casa di Lugo.
Un pezzo di storia forlivese
In alcuni rendiconti dell’epoca vengono anche indicati il “Conservatorio delle Zittelle Mendicanti e Pericolanti”, inserito nel giro degli istituti destinati agli Orfani e alle Orfane. Gli impiegati delle Orfanelle erano una priora, un fattore e una fattora; il personale degli Orfani era invece costituito da un maestro, un custode e una cuciniera. I dipendenti destinati alle Pericolanti erano una priora, tre maestre, una fattora, un fattore, un confessore e un cappellano. Un elenco del 1801 riporta nomi e doveri di queste figure nei vari istituti. La sottopriora aveva compiti di vigilanza sulle ragazze e le portava fuori durante i giorni festivi. La maestra insegnava alle ragazze i lavori di filatura e cardatura (senza dimenticare i due fattori, che si occupavano di legna e acqua).
L’edificio, sobrio e razionale nel suo aspetto, riflette esattamente l’etica che ha ispirato questo progetto: niente ornamenti vistosi, ma una struttura solida, ordinata e funzionale, come si addice a un’architettura pre-unitaria destinata a scopi sociali. Il palazzo, già esistente nel 1866, può essere dunque collocato tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, verosimilmente costruito come residenza signorile sobria basata sul modello di casa canonica, poi riconvertita a uso caritatevole.
Uno spazio per tutti
Nel corso del tempo, questo edificio ha ospitato numerose trasformazioni, ma ha mantenuto fede al suo scopo originario: essere uno spazio dedicato agli ultimi, alle donne, ai giovani, a chi ha bisogno. Non è un caso che dopo aver ospitato un centro di formazione professionale nel corso del Novecento, dal 2002 è sede del Consorzio Solidarietà Sociale, una realtà moderna che acquista il complesso nel 2024 e che raccoglie la stessa missione umanitaria a cui era stato destinato, con mezzi e visioni attuali, ma ispirate allo stesso principio fondante: il bene comune.
Lì dove una volta le ragazze povere ricevevano un letto, un’istruzione e una speranza per il futuro, oggi trovano spazio progetti di inclusione, percorsi educativi, servizi per la disabilità, la fragilità e l’accoglienza. Così, la casa voluta da Giovanni Santarelli continua a vivere, mutando forma ma non spirito, e rimanendo uno dei luoghi simbolici di quella Forlì solidale che attraversa i secoli.
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